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Il Buddha di Leshan ovvero Quanto poco basta per trovare un attimo di pace

La giornata non era partita nel migliore dei modi: la sveglia avrebbe dovuto suonare alle otto del mattino, così da permettermi di visitare senza fretta il sito del Buddha di Leshan e il verdeggiante parco sui monti Emei che avvolge come una calda coperta questo meraviglioso monumento all’operosità umana.

Parliamo della statua di pietra raffigurante un Buddha più grande al mondo, alto 71 metri e con le spalle larghe 28, senza parlare delle dita sulla più piccola delle quali si potrebbero stendere quattro persone.

Questa fantastica opera d’arte è rappresentata seduta e si trova nel punto in cui confluiscono tre differenti fiumi (Minjiang, Dadu e Qingyi); le forti correnti che causavano morti e problemi di difficile soluzioni alla popolazione locale sarebbero all’origine del progetto di costruzione incominciato nel 713 da un monaco buddhista di Nome Hai Tong. Questo particolare personaggio era convinto che una statua del Buddha avrebbe permesso, grazie alla benevolenza dello stesso, di calmare le acque turbolente e rendere la vita degli abitanti dei villaggi vicini più semplice.

Quando 90 anni dopo i suoi discepoli terminarono la costruzione, la corrente  sembra fosse effettivamente più docile, forse per un intervento ultraterreno o forse a causa dell’immenso quantitativo di roccia che durante i lavori era scivolato nel corso d’acqua modificandolo  in maniera permanente.

Sta di fatto che quella mattina alle sei e un quarto ero già con gli occhi spalancati maledicendo la poca simpatia e tempestività di Giove pluvio: tuoni, fulmini e allagamenti in tutta Chengdu tanto che persino sui notiziari locali veniva segnalata l’eccezionalità dell’evento atmosferico. Perfetto.

Fortunatamente, anche se il mio piano iniziale ha dovuto subire un forte ridimensionamento,  verso le due del pomeriggio il cielo diede finalmente segni di tregua permettendomi di correre a prendere il primo treno possibile per Leshan.

Arrivato infine al tanto desiderato parco alle pendici del monte Lingyun, l’atmosfera era davvero particolare: essendo oramai le quattro del pomeriggio di un giorno uggioso mi sono ritrovato a salire le scalette che portano al Buddha e al tempio annesso completamente da solo, circondato da una fitta vegetazione e da un’umidità pesante ma non fastidiosa. Il profumo intenso di fiori nascosti e di terra umida di pioggia benefica sostituivano egregiamente l’aroma di incenso che mi aspettavo, rendendo l’ascesa uno di quei momenti di introspezione personale che tanto vengono sbandierati, spesso a caso, tra i pro del viaggio in solitaria. In quegli istanti però ero solo ma circondato da una natura accogliente e invitante, spettatrice e anticamera delle emozioni che mi aspettavano di lì a poco.

 

Perso nei miei pensieri infatti, non avevo  fatto molto caso alla stretta scaletta in ferro che all’improvviso, alla mia destra,  ha aperto uno squarcio sull’incontro tra i tre fiumi, già di per sé un imponente esempio di forza della natura che mi ha lasciato quasi senza fiato.

Infine eccolo, alla mia sinistra. Imponente, torreggiante e coperto di muschio eppure con un leggero sorriso e con uno sguardo un po’ strabico che me lo hanno fatto vedere un po’ come il gigante buono delle fiabe. Ti vien quasi voglia di abbracciarlo. O almeno di provarci.

 

Il connubio tra natura, ingegno e fantasia umana raggiunge qui uno dei suoi massimi esempi,quasi a mostrare quanto in fondo siano collegati fra loro.

Ancora un po’ stordito dalle emozioni  sono risalito a fianco del Buddha ma sul lato opposto, per visitare il tempio di  buddhista di Lingyun. Questo monte infatti è sacro ai buddhisti da ben prima della creazione della sua “attrazione” principale(parliamo del periodo della dinastia Tang, circa 1300 anni fa) e il tempio ha visto alterne fortune nel tempo, conoscendo momenti di disgrazia senza però essere mai abbandonato.

 

Essendomi abbondantemente attardato rispetto agli altri pochi visitatori del pomeriggio, mi sono ritrovato a vivere un ultimo momento piuttosto intenso. Erano oramai le sei di sera, le bacchette di incenso portavano nuvole di profumo leggero e le fiammelle delle candele di fronte al tempio  tremolavano sotto i colpi delle folate di vento fresco che risalivano il monte.

Il suono di una campana. Una vibrazione sonora nell’aria che ti colpisce e senza rendertene conto sei circondato dalla cantilena sconosciuta di un mantra. Era l’ora della preghiera dei monaci e io ne ero l’unico spettatore. Preoccupato di essere nel posto sbagliato nel momento sbagliato mi sono affrettato a nascondere la macchina fotografica, ma uno dei responsabili del tempio mi ha invitato sorridendo bonariamente a continuare a fare foto “It’s ok” mi ha detto.

Ma no, non era giusto. Era un momento sacro per loro e un’occasione unica per me. Un’occasione per sedermi sulla pietra umida, chiudere gli occhi e perdermi, serenamente.


Leshan Buddha

Come arrivarci: Normalmente da Chengdu, consiglio il treno veloce (50/55¥, circa 7 euro in seconda classe), un’ora di viaggio. Poi dalla stazione dei bus, autobus numero 3 (1¥, venti minuti circa).

Costo ingresso: 110¥ (circa 15 euro)

Orari: Apertura 8.30

I vari siti sono discordi sull’orario di chiusura, quando sono andato io i cancelli chiudevano alle 18.30 (orario estivo), ma alcune parti del parco potrebbero essere chiuse prima.

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