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Kirghizistan Ovvero Senza parole

Come nelle migliori storie tutto inizia per caso. Sei dove non avevi pianificato di essere e hai la sensazione che sia la cosa migliore che ti sia successa da parecchio tempo.

Kirghizistan non era proprio quel posto che avevo cerchiato in rosso sulla mappa: tante montagne, cavalli e yak, ma davvero poco che riguardasse la Via della Seta. Una capitale, Bishkek, con poco da offrire ad un viaggiatore se non una base poco costosa per programmare gli spostamenti futuri e fare richiesta per i vari visti dei paesi circostanti. Quindi sembrava di avere a che fare con uno dei meno costosi paesi del Centro Asia, terra di passaggio e poco più. Posso ammettere senza problemi di aver completamente cambiato opinione.

Siamo onesti: alzi la mano chi saprebbe indicare chiaramente dove si trova questo paese. Incuneato tra il Pamir e la catena montuosa del Tien Shan ( Montagne Celesti), il territorio kirghiso è per la maggior parte montuoso (circa il 94% della superficie, con un’altitudine media di 2750 metri). Ma le montagne qui, ti fregano. Se si è abituati alle Alpi europee, l’immagine che viene naturale immaginare, è quella di picchi solitari che incutono soggezione a chi si appresta ad affrontare sentieri impegnativi, soprattutto quando ti trovi a fronteggiare quello che viene chiamato “il nodo”, collegamento tra alcune delle catene montuose più imponenti del mondo.

Le montagne kirghise appaiono invece molto più arrotondate, bianche nuvole si rincorrono in cielo e le loro ombre sembrano accarezzare le verdi vallate punteggiate di fiori gialli che si offrono alla vista con sullo sfondo cime sempre più alte e ancora coperte di neve. Giovani puledri si rincorrono ancora insicuri su zampette sottili e mandrie di bovini utilizzano le strade di collegamento principali come scorciatoie tra un pascolo e l’altro.

Non chiedete al Kirghizistan di darvi lusso e comodità. E’ una nazione che sta ancora sviluppando una propria identità a livello turistico, ma è chiaro che le attività outdoor  e il turismo di comunità (consiglio di appoggiarsi ad agenzie come CBT che fanno da ponte tra voi e le persone del luogo per una buona organizzazione) sono predominanti su tutto il resto, non avendo molto da offrire dal punto di vista storico-culturale.  A parte Tash Rabat ovviamente.

Provenendo dal Passo Tourugat (uno delle due vie di accesso al paese aperte ai turisti dal lato Cinese), è quasi impossibile non pianificare almeno una tappa del proprio viaggio in questa valle stretta e lunga punteggiata di yurte (le tipiche tende abitate dai pastori seminomadi). Passare dal paesaggio desertico del nord ovest cinese, a verdi vallate che sembrano darvi un timido benvenuto, sarebbe già più che sufficiente per la maggior parte dei visitatori, ma questo luogo è quello che cercavo dall’inizio del mio viaggio sulla Via della Seta.

Tash rabat è un modesto caravanserraglio in pietra incassato nel fianco della valle, che fonti diverse fanno risalire ad un periodo compreso tra il X e il XV secolo. Pur non essendo assolutamente maestoso, in passato ha rivestito un importanza fondamentale per questo tratto della via mercantile e procura sensazioni davvero particolari sapere che passeggiando di fronte al complesso si stanno ricalcando le orme di soldati, mercanti e religiosi vissuti centinai di anni fa.

Detto questo, oltre alle escursioni sulle montagne in Kirghizistan non potrete non destinare parte del vostro tempo e budget (del secondo quindi decisamente poco, essendo questo il paese più economico in assoluto di tutta l’Asia Centrale) al Lago Song-Kol, situato a tremila metri sul livello del mare, circondato dalle montagne del Tien Shan, in una piana punteggiata a perdita d’occhio da yurte, fiori e pascoli.

Se non vi bastano il sole, le nuvole e le stelle,  tramonti fiammanti e temporali che scoppiano all’improvviso per poi lasciare velocemente spazio ad un cielo limpido e sereno, Song-Kol vi offre anche il silenzio, rotto solo dal vento e dai nitriti dei cavalli: centinaia di animali liberi, che galoppano sui prati di questo posto tra i più sperduti del mondo. Spegnete pure il vostro telefono e lasciatevi coccolare dall’incomparabile ospitalità kirghisa. Pernottare in una yurta significa che sarete al centro dell’attenzione di una famiglia che non vi tratterà come un turista, cercherà anzi di farvi sentire “a casa” sommergendovi di burro, yoghurt e formaggio preparati in loco il tutto accompagnato da pane fresco, marmellate e miele selvatico. Rifiutare è cosa non concepita, il vostro bicchiere sarà sempre colmo di Chai fumante (il tipico thè locale) e nel momento in cui vorrete ritirarvi esausti nella vostra tenda, migliaia di stelle che per una volta si fanno beffe dell’inquinamento luminoso al quale siamo abituati, vi lasceranno senza fiato, in contemplazione.

Ribadisco, chi è in cerca di siti storici potrebbe incorrere in una forte delusione, ma chi invece cerca un contatto con culture diverse da quelle a cui siamo abituati e una natura incontaminata, non potrà che trovarsi deliziato da ciò che il Kirghizistan ha da offrire.

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